La sfida dei cambiamenti climatici rappresenta per il settore agricolo un fenomeno peculiare per portata ed effetti, rispetto alla normale condizione operativa, tale da rendere indispensabile attuare una strategia di adattamento, per poter continuare a garantire la produzione di alimenti, fibre e bioenergie.
La possibilità, garantita dall’innovazione, della totale conversione di un prodotto inquinate come il refluo suino anche in zone vulnerabili ai nitrati, determinerebbe un importantissimo salto di qualità in termini di adattamento dell’agricoltura ai cambiamenti climatici.
Le soluzioni fino ad oggi proposte oltre ai normali depuratori, si limitano a separare fisicamente la frazione solida del digestato da quella liquida, non intervenendo sul contenuto di ammoniaca disciolta nella fase liquida. Inoltre, poiché la frazione liquida è largamente preponderante quantitativamente rispetto a quella solida risolve in minima parte i problemi di stoccaggio e di spandimento.
Una seconda soluzione più complessa utilizza una tecnologia in cui il refluo viene essiccato in tunnel a tappeti mobili, riscaldati con i gas di scarico dei motori dei cogeneratori. I vapori saturi di ammoniaca vengono poi convogliati in una torre di stripping a caldo dove l’ammoniaca viene catturata da acido solforico ad alta concentrazione (50%) nebulizzato. Questo tipo di impianto non ha tuttavia trovato grande diffusione in particolare per i problemi di sicurezza legati all’uso di acido solforico concentrato ad alta temperatura, oltre all’elevato costo dell’impianto.
La sinergia dei due prototipi proposti da PROZOO sta nella capacità di valorizzare la fase semisolida prodotta dal primo prototipo per alimentare il secondo prototipo (un carbonizzatore), in grado di produrre un gas di sintesi (syngas), usato come combustibile e un residuo solido carbonioso (biochar) usato come ammendante per l’agricoltura. L’energia termica prodotta dalla combustione del syngas potrà essere quindi essere utilizzata dal primo prototipo, per ottenere:
- una fase semisolida palabile, ricca di sostanza organica, alimento del secondo prototipo;
- un concentrato di sali di ammonio commercializzabile come fertilizzante;
- un effluente acquoso avente caratteristiche tali da risultare idoneo per lo scarico diretto in acque superficiali altrimenti riutilizzato in azienda essendo un’acqua esente da sali minerali o nei circuiti dei due impianti.
Il residuo organico una volta carbonizzato (convertito in biochar), assume una natura chimica resistente alla degradazione, potendo così essere mescolato con il terreno dove interagisce con la sostanza organica intrinseca, rendendola più stabile. Grazie ai relativamente lunghi tempi di residenza del carbonio al suo interno, il suolo rappresenta un sink potenzialmente importante per lo stoccaggio del carbonio atmosferico. L’utilizzo del biochar in agricoltura può contribuire a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra dal suolo, da una parte aumentando la stabilità del carbonio, prolungandone lo stoccaggio, dall’altra riducendo le emissioni di protossido di azoto (N2O), un potente gas serra. Il biochar possiede inoltre importanti proprietà dimostrate da diversi studi, legate alla struttura superficiale microscopica con micro, macro e nano pori: contribuisce a migliorare i suoli come tessitura e struttura; riduce emissioni di altri gas serra e percolazioni di contaminanti; trattiene acqua portando a risparmio idrico e aumenta lo scambio cationico; resiste alla degradazione microbica e allo stesso tempo offre spazi alla colonizzazione di comunità microbiche e alle interazioni con la microfauna del suolo; promuove la crescita delle piante diminuendo la necessità di fertilizzanti minerali). Contribuisce inoltre al sequestramento di contaminanti organici e inorganici. Il biochar soddisfa in pieno i requisiti dell’economia circolare perché viene prodotto da residui agricoli e riporta al suolo l’energia e la materia immagazzinata nel corso della fotosintesi dalle piante. Il biochar può essere applicato come ammendante in base alle modifiche al D. Lgs. N.75 del 29 Aprile 2010.